Libera professione

OIG4

Libera professione

Il Fisioterapista è il professionista sanitario in possesso del Diploma di laurea in Fisioterapia o titolo equipollente in base ai D.M. n. 741/94[1] e D.M. n. 168/96[2], alle Leggi n. 573/96[3], n. 42/99[4], n. 251/00 e al D. Lgs. 229/99.

Per l’esercizio professionale è obbligatoria l’iscrizione al relativo Ordine Professionale (Legge 3/2018).

La richiamata normativa prevede che il professionista svolge in via autonoma, o in collaborazione con altre figure sanitarie, gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione nelle aree della motricità, delle funzioni corticali superiori, e di quelle viscerali conseguenti a eventi patologici, a varia eziologia, congenita od acquisita. Spetta al Fisioterapista la valutazione funzionale, la predisposizione del programma riabilitativo, l’acquisizione del consenso informato, la conservazione di tutta la documentazione nel rispetto della disciplina della privacy e la redazione di una cartella fisioterapica.

Per «professione regolamentata» si  intende  l’attività,  o l’insieme delle attività, il cui esercizio è consentito solo a  seguito d’iscrizione in ordini o  collegi,  subordinatamente  al  possesso  di qualifiche  professionali   o   all’accertamento   delle   specifiche professionalità.

[1] Profilo Professionale del Fisioterapista

[2] Ordinamenti didattici universitari dei corsi di diploma universitario dell’area sanitaria

[3] Legge di conversione, con modifiche, del decreto-legge 13 settembre 1996, n. 475, recante misure urgenti per le università e gli enti di ricerca (materia di equipollenza titoli); per quanto quivi interessa vedasi art. 4 del DL.

[4] Disposizioni in materia di professioni sanitarie (materia di riconoscimento professionale con abolizione del concetto di ausiliarità e di mansioni; materia di equipollenza titoli)

E’ il luogo fisico in cui il professionista abilitato, in forma singola o associata, esercita autonomamente e responsabilmente la propria attività libero professionale.

Lo studio professionale non ha personalità giuridica autonoma in quanto strettamente legato al professionista, in esso è prevalente l’aspetto intellettuale della professione per esercitare la quale è necessaria l’iscrizione in albi o elenchi (art 2229 cc; legge 3/2018), e  prevale il rapporto diretto tra professionista e persona assistita.

Il professionista può avvalersi di collaboratori e personale di supporto[1] nei limiti previsti dall’art 2232 del c.c., sempre che sia assolutamente prevalente il profilo professionale su quello organizzativo.

Lo studio Fisioterapico non è considerabile un luogo aperto al pubblico, lo stesso – difatti – non è accessibile dalla generalità indistinta degli utenti ma solo dai pazienti del professionista, che con lui hanno un rapporto contrattuale basato sulla fiducia.

Un immobile adibito completamente o prevalentemente a studio professionale, di uno o più professionisti, deve possedere la destinazione di ufficio, rientrante quindi nella categoria generale di cui all’art. 23 ter comma 1 lett. b) del DPR 380/01, ovverosia “produttiva e direzionale”.

Se si vuole svolgere l’attività in un locale che non ha destinazione rientrante nella predetta categoria[2], occorre operare un mutamento di destinazione d’uso, il quale può essere rilevante o non rilevante in base alla disciplina richiamata.

L’immobile, qualora di proprietà altrui, può essere acquisito nella disponibilità in virtù di un contratto di comodato d’uso o di locazione ad uso “studio professionale”, regolarmente registrato all’agenzia delle entrate.

I locali dello studio devono essere nettamente separati da quelli destinati ad altri usi e devono essere chiaramente identificabili. Questo significa che lo studio non può essere ubicato all’interno di centri estetici, di palestre, o di altri ambienti non sanitari.

In ogni caso, è necessario che lo studio disponga di un accesso per gli utenti diverso e separato da quello utilizzato per altre finalità non riferite all’attività sanitaria.

[1] T.U. DLgs 81/2008 Salute e Sicurezza Sul Lavoro, norme da osservare in caso si abbiano collaboratori a vario titolo

[2] Riguardo alla destinazione d’uso bisogna fare riferimento al regolamento edilizio e/o piano regolatore del comune in cui è ubicato lo studio professionale

Per aprire uno studio professionale e/o per esercitare la libera professione, il Fisioterapista è tenuto a richiedere l’attribuzione della partita I.V.A. con codice ATECO 869021 (attività sanitarie svolte da Fisioterapisti).

Si precisa che le prestazioni sanitarie fornite alla persona sono esenti IVA, ai sensi dell’art. 10, c. 1, n. 18), del d.P.R. 633/72.

Si ricorda che la professione di Fisioterapista è qualificata come professione sanitaria riabilitativa dall’art. 3 Decreto del Ministero della Sanità del 29 marzo 2001 e che l’esenzione si applica automaticamente non essendo più subordinata alla presentazione di prescrizione medica[1].

La disciplina di riferimento può essere rinvenuta nel D.lgs 229/99, recepita con atto di indirizzo e coordinamento dalle Regioni, nella parte in cui ha introdotto l’art.8 ter del decreto legislativo n.502/1992.

Al secondo comma del citato articolo è stabilito che l’autorizzazione è necessaria solo per l’esercizio di attività sanitarie svolte nell’ambito degli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero organizzati per svolgere procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente, individuati ai sensi del comma 4 del medesimo articolo.

Sul rischio si rileva che lo stesso  non è un concetto astratto, ma va determinato rispetto a concrete situazioni relativamente alle quali è noto che possono determinarsi conseguenze negative, come causa diretta della prestazione in sé, per la sua specifica natura o per la possibilità di eventi indesiderati anche a distanza di tempo. L’entità delle conseguenze, per essere considerata significativa, deve avere caratteristiche di gravità e di probabilità statistica/epidemiologica non remota.

La Campania recepisce la normativa nazionale con la DGRC 3958 del 2001, successivamente modificata e chiarita dalla DGRC 7301/2001 secondo la quale restano esclusi dall’autorizzazione la realizzazione degli studi professionali (sezione introduzione chiarimenti pag.3).

Si ha, tuttavia, l’obbligo di comunicare l’apertura del proprio studio all’Azienda Sanitaria Locale competente per territorio, rimettendo apposita documentazione in ordine ai titoli di studio posseduti, alla planimetria dei locali, alla descrizione dell’attività svolta e all’elenco delle attrezzature eventualmente utilizzate (DGRC 7301/2001 sezione Introduzione pag.5)[1]

L’ASL effettua la vigilanza necessaria per assicurare il rispetto della normativa in materia di igiene e sanità pubblica, e svolge tutti i controlli previsti dalla vigente normativa in materia di sicurezza.

Altra delibera regionale, la DCA 107/2019, recita che sono soggette a presentare la scia gli studi nei quali si eseguono prestazioni a minore invasività ricomprese nell’allegato 1 (art. 8 comma 1) e specifica che i requisiti richiesti dalla DGRC 7301/2001 sono applicabili solo alle strutture aperte al pubblico (vedi art.8 comma 3 DCA 107/2019)[2], pertanto gli studi privati non aperti al pubblico non sono soggetti a presentare SCIA.

Le attività svolte nello studio privato del fisioterapista, anche dove presenti apparecchi elettromedicali[3] di terapia fisica[4] (DM 741/94) non sono soggette ad autorizzazione se in esso non vengano eseguite procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio[5] per la sicurezza del paziente o che siano invasive; si possono, pertanto, esercitare tali attività in forma libera (con comunicazione di inizio attività all’ASL competente per territorio).

[1] Sono soggetti ad autorizzazione all’esercizio dell’attività e quindi al possesso dei requisiti minimi strutturali, tecnologici ed organizzativi stabiliti dalla dgrc 7301/2001 gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare  complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente.
[2]DCA 107/2019 art. 8 comma 3. I requisiti generali richiamati nella D.G.R.C. n. 3958/2001 e s.m.i. sono da riferirsi, come previsto dalla disciplina regionale vigente, a tutte le strutture aperte al pubblico, sanitarie e socio-sanitarie, e non agli studi privati, singoli o associati o St-P.

[3] Norma nazionale dispositivi medici D.Lgs 46/1997 e s.m.i.

[4] Vedi norma LASER per grado di classificazione e di pericolo e valutazione rischi derivanti da esposizioni ad agenti fisici

[5] Rischio clinico nell’uso di terapie fisiche. Revisione sistematica della letteratura

L’impianto elettrico deve essere certificato da un tecnico abilitato (Professionista iscritto a Collegio dei Periti Industriali o dei Periti Industriali Laureati o ad Ordine degli Ingegneri) e seguire le indicazioni della norma CEI 64-8/710 V2[1] laddove si utilizzano apparecchi elettromedicali.

[1] I locali dello studio di Fisioterapia possono essere definiti di Gruppo 0 (ambienti in cui non sono impiegati apparecchiature elettromedicali con parti applicate al paziente) o di Gruppo 1 (ambienti in cui sono impiegate apparecchiature elettromedicali con parti applicate al paziente esternamente o anche in maniera invasiva entro qualsiasi parte del corpo, ad eccezione della zona cardiaca).

E’ struttura semplice quella in cui l’attività professionale sanitaria prevale su quella organizzativa (studio professionale, studio associato o STP, studio polimedico); mentre deve qualificarsi complessa ogni struttura in cui si svolgano prestazioni di natura sanitaria caratterizzate dalla complessità dell’insieme delle risorse umane, materiali ed organizzative utilizzate per l’esercizio dell’attività (ambulatorio, poliambulatorio etc.).

Lo studio associato si costituisce con scrittura privata autenticata o con un atto pubblico notarile.

L’atto, che deve contenere le generalità e i titoli di tutti i professionisti associati, deve poi essere trasmesso agli ordini professionali di riferimento.

Nell’atto i singoli associati (professionisti) definiscono le regole del contratto associativo (articolo 5 del DPR n. 917/86).

Lo Studio Associato è una struttura organizzativa semplice. Qualora la struttura si trasformasse in un’organizzazione complessa, nella quale l’aspetto organizzativo dovesse prevalere su quello professionale, ricadrebbe nella tipologia dell’ambulatorio; in questo caso occorrerebbe un’autorizzazione sanitaria e un medico specialista in veste di Direttore Sanitario.

Nell’ambito dello studio, ciascun associato è personalmente responsabile nei confronti del cliente con cui instaura il rapporto professionale, regolato da una lettera di incarico, ma il compenso per ogni prestazione ricade sullo Studio che, da un punto di vista fiscale, necessita dell’apertura di una partita iva presso l’Agenzia delle Entrate.

Lo studio associato diventa centro di aggregazione di interessi ai quali la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomo centro di imputazione dei rapporti giuridici. La responsabilità professionale ricade sul singolo professionista che instaura il rapporto con il cliente.

E’ la sede nella quale più professionisti, anche di discipline specialistiche diverse, esercitano la propria attività professionale in maniera autonoma e indipendente dagli altri, utilizzando la stessa unità immobiliare, condividendo alcuni servizi, in particolare la sala d’attesa ed i servizi igienici, con la precisazione che «il locale dove si svolge l’attività di studio polimedico è privato, non aperto al pubblico» e che «non è richiesta la nomina di un responsabile sanitario»[1].

Non è prevista la gestione e il coordinamento unitario delle prestazioni, delle attività professionali e dell’apparato amministrativo.

Si potranno costituire, pertanto, a titolo esemplificativo studi composti da:

  1. a) due o più studi di singoli professionisti;
  2. b) due o più studi di singoli e uno o più studi associati.

Prevista dalla legge n. 183 del 12 novembre 2011 art.10 comma 3

E’ consentita la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico, secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile[1].

Possono essere costituite nelle seguenti forme:

società semplici

società in nome collettivo

società in accomandita semplice

società a responsabilità limitata

società per azioni ed in accomandita per azioni

società cooperativa purché il numero dei soci non sia inferiore a tre

L’oggetto sociale deve essere esclusivamente quello inerente l’attività professionale dei soci, restando inibito l’inserimento di qualsiasi altra attività diversa anche se è consentita la costituzione di STP multidisciplinare, che è la società tra professionisti costituita per l’esercizio di più attività professionali, purché sia espressamente indicato in modo chiaro e trasparente la circostanza.

Il Decreto 8 febbraio 2013, n. 34 concernente il “Regolamento in materia di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico, ai sensi dell’articolo 10, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183, definisce ulteriori disposizioni in riferimento alla STP in merito alle definizioni, al conferimento degli incarichi, all’informazione, all’esecuzione degli incarichi, all’incompatibilità e al regime disciplinare.

La denominazione sociale delle STP deve contenere necessariamente l’indicazione: “società tra professionisti”[2]

Clausole dello statuto

La normativa prevede che l’esercizio da parte dei soci dell’attività professionale sia fatto in via esclusiva.

E’ consentita l’ammissione di soli soci iscritti ad ordini, albi, collegi e/o che svolgono attività professionali protette, come nel caso dei fisioterapisti.

Nello statuto dovranno essere indicati tutti i soci; i criteri e le modalità circa l’esecuzione della prestazione da parte dei soli soci professionisti; la polizza assicurativa per R.C. per la copertura di rischi per danni cagionati dai soci professionisti nell’esercizio dell’attività; le modalità di esclusione del socio cancellato dal rispettivo albo con provvedimento definitivo.

Le società STP dovranno essere costituite da un numero di professionisti tali da rappresentare almeno i 2/3 di tutti i soci in modo da detenere la maggioranza dei 2/3 nelle deliberazioni e decisioni[3].

La partecipazione ad una Società STP preclude la partecipazione del medesimo socio ad altra Società STP[4]

La STP va iscritta sia al registro delle imprese che in una sezione speciale degli albi o dei registri tenuti presso l’ordine professionale di appartenenza dei soci professionisti; nel caso di società multidisciplinare questa deve essere iscritta presso l’albo o il registro dell’ordine o collegio professionale relativo all’attività individuata come prevalente nello statuto o nell’atto costitutivo (per l‘iscrizione presso l’Ordine dei Fisioterapisti di Na-Av-Bn-Ce clicca il link).

La società professionale risponde disciplinarmente delle violazioni delle norme deontologiche dell’ordine al quale risulti iscritta.

 

[1] Si consiglia di consultare un proprio consulente specializzato per la costituzione delle società.

[2] Es: Fisioterapia e Riabilitazione s.a.s.-Società tra Professionisti-

[3] Art. 10 comma 4 lett. b. Legge 183/2011

[4] Art. 10 comma 6 Legge 183/2011

E’ ammessa con ogni mezzo la pubblicità informativa[1] avente ad oggetto l’attività delle professioni    regolamentate, le specializzazioni, i titoli posseduti attinenti alla professione.

La pubblicità informativa dev’essere funzionale all’oggetto, veritiera e corretta, non deve violare l’obbligo del segreto professionale e non dev’essere equivoca, ingannevole o denigratoria.

Le comunicazioni informative sono quelle previste dall’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223.

 

L’obbligo di stipulare un’adeguata Polizza RC Professionale è scattato con il DPR n°137 del 2012 art.5 (per i professionisti sanitari l’obbligo è previsto dall’agosto 2014) e ha interessato quelle categorie professionali per cui è prevista l’iscrizione all’albo.

Il professionista è tenuto a stipulare, anche per il tramite di convenzioni collettive negoziate dai consigli nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti, idonea assicurazione per i danni derivanti al cliente dall’esercizio dell’attività professionale, comprese le attività di custodia di documenti e valori ricevuti dal cliente stesso. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell’assunzione  dell’incarico, gli estremi della polizza professionale, il relativo massimale e ogni variazione successiva.

L’obbligo di stipulare la polizza è esteso anche alle STP – Società tra Professionisti.

L’  art.10 della legge 24/2017 cosiddetta Gelli-Bianco recita: Le strutture sanitarie  e  sociosanitarie  pubbliche e private devono essere provviste di copertura assicurativa o di altre analoghe misure  per  la  responsabilità civile verso terzi e per la responsabilità civile verso prestatori  d’opera; all’art. 9 la stessa norma recita che l’azione di rivalsa nei confronti dell’esercente la professione sanitaria può essere esercitata solo in caso di dolo o colpa grave.

Le polizze non coprono il dolo, ma coprono la colpa grave, pertanto anche i dipendenti di strutture sanitarie farebbero bene a stipulare una propria polizza che li copra per colpa grave[1].

Nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge.

Ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei  trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili  alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi. Può rifiutare in tutto o in parte di ricevere le  informazioni  ovvero indicare i familiari o una  persona  di  sua  fiducia  incaricati  di riceverle e di esprimere il consenso in sua vece se  il  paziente  lo vuole. Il rifiuto o  la  rinuncia  alle  informazioni  e  l’eventuale indicazione di un incaricato sono registrati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.

Il sanitario è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario  o  di  rinunciare  al medesimo e, in conseguenza di  ciò, è esente da responsabilità civile o penale. Il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia  professionale  o alle buone pratiche clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste, il sanitario non ha obblighi professionali.

Il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni alle condizioni del paziente, è documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di  comunicare. Il consenso informato, in qualunque forma espresso, è inserito nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.

Il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità. Il  consenso  informato  della  persona  interdetta  ai   sensi dell’articolo 414 del codice  civile  è  espresso  o  rifiutato  dal tutore, sentito l’interdetto ove  possibile,  avendo  come  scopo  la tutela della salute psicofisica e della vita della persona nel  pieno rispetto della sua dignità. Il consenso informato  della  persona  inabilitata  è espresso dalla medesima  persona inabilitata.  Nel  caso  in  cui  sia  stato nominato  un  amministratore  di  sostegno  la cui  nomina preveda l’assistenza necessaria o la rappresentanza  esclusiva  in  ambito sanitario, il consenso  informato  è espresso o  rifiutato  anche dall’amministratore di sostegno ovvero solo da quest’ultimo,  tenendo conto della volontà del beneficiario, in relazione al suo  grado di capacità di intendere e di volere. Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di  volere,  in previsione di un’eventuale futura incapacità di  autodeterminarsi  e dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle  conseguenze delle sue scelte, può, attraverso le DAT (disposizioni anticipate di trattamento), esprimere  le  proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche  e a singoli trattamenti sanitari. Indica, altresì, una  persona di sua fiducia, di seguito denominata «fiduciario», che ne faccia le veci e la rappresenti nelle relazioni con il professionista sanitario e con le strutture sanitarie.

Dispositivo medico (fino alla vigenza del D.Lgs. 46/1997) qualunque strumento, apparecchio, impianto, software, sostanza o altro prodotto, utilizzato da solo o in combinazione, compresi gli accessori tra cui il software destinato dal fabbricante ad essere impiegato specificamente con finalità diagnostiche e/o terapeutiche e necessario al corretto funzionamento del dispositivo stesso, destinato dal fabbricante ad essere impiegato sull’uomo a fini di:

1) diagnosi, prevenzione, controllo, trattamento o attenuazione di malattie;

2) diagnosi, controllo, trattamento, attenuazione o compensazione di una ferita o di un handicap;

3) studio, sostituzione o modifica dell’anatomia oppure di un processo fisiologico;

4) controllo del concepimento, che non eserciti nel o sul corpo umano l’azione principale cui e’ destinato con mezzi farmacologici, immunologici o mediante processi metabolici, ma la cui funzione possa essere coadiuvata da tali mezzi;

I dispositivi sono suddivisi nelle seguenti classi: classi I, IIa, IIb e III. La classificazione segue le regole di classificazione di cui all’allegato IX.

ALLEGATO IX CRITERI DI CLASSIFICAZIONE

Secondo il suddetto allegato gli Elettromedicali di fisioterapia sono generalmente dispositivi attivi terapeutici Non Invasivi e sono ricompresi nella classe IIa.

N.B. Nella gestione di uno studio professionale è onere del fisioterapista essere costantemente aggiornato in merito alle ultime disposizioni vigenti in materia fiscale, autorizzativa e ordinistica.

A tal riguardo, si ricordano alcuni obblighi:

– stipula di un contratto di assicurazione per responsabilità professionale e per il fabbricato;

– predisposizione informativa sul trattamento dati privacy, adempimenti per la sicurezza dei dati informatici, custodia delle cartelle fisioterapiche e dei documenti sanitari;

– adempimenti rispetto al SISTEMA TESSERA SANITARIA per quanto concerne le spese sanitarie sostenute da persone fisiche.

– predisposizione, consegna, sottoscrizione e conservazione del consenso informato al trattamento fisioterapico e del preventivo: acquisire il consenso informato del paziente e fargli conoscere un preventivo di massima (legge n.124/2017 art. 1 comma 150).

– adeguamento alle norme in materia di FATTURAZIONE ELETTRONICA e in generale tutte le norme in materia fiscale legate per esempio all’apertura della partita Iva o inerenti i servizi offerti (è sempre utile avere un proprio consulente).

Il presente documento potrà essere modificato e adeguato agli aggiornamenti normativi che dovessero intervenire..

Ultimo aggiornamento

22 Marzo 2024, 17:20